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Carmelo Palma 🇮🇹🇪🇺
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Torinese, 56 anni, giornalista, direttore di https://t.co/HZYJbDzoHI. Scrive anche su https://t.co/1RjX1R5SkL, https://t.co/Fzpsd8zdlp e https://t.co/qwS3oUdDhe
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Joined November 2010
RT @mlombardo81: Le dimissioni del Presidente #Iohannis (il cui mandato era scaduto il 21 dicembre ed era stato prorogato, dopo l’annullame…
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Da settanta giorni i georgiani scendono in piazza in nome dell'Europa, della libertà e dei valori che nessuno meglio di Georgia e Ucraina rappresentano oggi nel vecchio continente. Ne scrivono @Fede_Valcauda e Chiara Squarcione su @Strade_Magazine.
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RT @alfo_lanzieri: Se Mattarella paragona l'imperialismo di Putin al Terzo Reich, non va bene. Il martellante paragone Israele-nazismo, per…
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Hamas allestisce ogni volta questi spettacoli ignobili per la liberazione degli ostaggi non solo come dimostrazione di potenza, ma di “giustizia”. Non vuole solo impressionare con la propria forza, ma dichiarare il proprio diritto riconosciuto a combattere così lo stato ebraico. Il problema è che questo diritto è davvero riconosciuto, ben oltre i confini del fanatismo islamista. Il problema, insomma, siamo noi.
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RT @christianrocca: L’avvocato @cintrieri l’aveva previsto, due anni fa. La riforma segreta delle intercettazioni e l’assenza di un vero…
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RT @EinEinzige: Continuo a ritenere frutto della miseria a cui ci riducono le ideologiche umane passioni la mescolanza del “caso” Imane Khe…
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RT @Linkiesta: Gaza immobiliare | Lo sdoganamento morale della deportazione, e la campagna anti israeliana del presidente anti americano…
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Il “piano Riviera” di Trump non serve a sgombrare da Gaza le macerie della guerra, ma a legittimare le posizioni di quanti vogliono fare di Israele ciò che non è mai stato, un baraccone etno-nazionalista. Un mio articolo su @Linkiesta
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Gentile Nicola, ho passato circa quarantanni anni di militanza politica a difendere Israele sulla base del fatto il ’48 segna lo spartiacque tra il diritto e la violenza, con Israele dalla parte del diritto e tutto il mondo arabo da quello della violenza. E le assicuro che la tesi: “Il 1948 non conta nulla” fino a pochissimi anni fa era inesistente e ora torna invece frequentemente nelle polemiche. Ma forse anche questo è un segno dei tempi. Non mi sfuggono le dispute giusinternazionaliste circa i poteri dell’Onu al tempo, circa la redazione della dichiarazione di indipendenza di Israele, che non descrive i confini dello stato, pur a fronte di un impegno all’attuazione della risoluzione dell’Onu, che viene riconosciuta come fondamento del diritto irrevocabile degli ebrei di stabilire il proprio stato nella terra d’Israele. Non mi sfugge neanche che il mandato britannico deciso nel 1922 dalla Società delle Nazioni per la creazione di un focolare nazionale ebraico in Palestina, con parità di diritti per la popolazione araba, rimase inattuato dai britannici, che perfino quando esplose la persecuzione anti-ebraica nazista rifiutò di favorire l’immigrazione degli ebrei in Palestina. La tesi secondo cui la legittimità di Israele nasce dai termini del mandato britannico del 1922 e che quindi, terminato il mandato, Israele è diventata giuridicamente l’erede di tutta la Palestina mandataria, al di là della sua discutibilità giuridica, pone di fronte a due alternative entrambe impraticabili: quella di uno stato binazionale, che demograficamente non è sostenibile per Israele come stato ebraico, oppure quella che una parte prima minoritaria e ora molto meno della politica israeliana propone apertamente: che gli arabi siano “ridislocati” altrove. Il che non fa di me - come sa chi legge le cose che scrivo da molti anni - un sostenitore del “riconoscimento della Palestina subito”, piuttosto un oppositore, per quel che valgo, della linea “due popoli, due stati”, finché la parte palestinese avrà una rappresentanza politico-militare terrorista.
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Come “dal fiume al mare” significa, appunto, “dal fiume al mare” - cioè che gli ebrei siano sgombrati da Israele, vivi o morti - e il suo significato non dipende dal contesto - come usano dire i relativizzatori, per scriminare l’antisemitismo ammissibile – ma è tutto compreso nel testo, senza ambiguità, felicemente intonato dalle piazze Pro Dal, così bisognerebbe ammettere che il progetto Gaza di Trump (al di là di tutti i sottintesi che vi si possono leggere e scrivere dentro o attorno) è un progetto di deportazione di tutta la popolazione palestinese della Striscia. E rimane un progetto di deportazione, cioè un crimine contro l’umanità, anche se la si battezza igienicamente “traslocazione” o “ricollocazione”. Che sia irrealistico, anche perchè incorpora una condizione - che Hamas si dissolva per incanto, svaporata dai progetti immobiliari di The Donald - è in fondo poco rilevante. Rileva che di tutto questo si possa discutere come di una cosa normale, un’idea un po’ pazzotica, ma in fondo geniale. Le catastrofi in politica partono sempre dalle parole e questa è una catastrofe coi fiocchi.
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